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CiboProssimo: Davide contro Golia

16 Giu

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Devo qualche spiegazione agli amici che in questi ultimi tre anni mi hanno visto attivo sulla scena della protesta politica (non pagheremo noi la vostra crisi!) e che da alcuni mesi non mi sentono più. Non sono scomparso, né ritirato a vita privata. E’ però successo qualcosa nella sfera personale che tuttavia c’entra con le ben note vicende globali (la recessione, l’impoverimento dei ceti medi, la privatizzazione dei beni pubblici, la guerra!).

In questi tre anni ho fatto una full immersion in tutta l’area antagonista italiana. Non sto ad elencarveli tutti, vi basti sapere che ho coperto tutto l’arco che va dai marxisti rivoluzionari agli anticapitalisti sovranisti, dai signoraggisti alla biopolitica, passando per le formazioni più tradizionali di SEL, Rifondazione, Rivoluzione Civile.

Nel 2012 ho deciso di dare un po del mio tempo e delle mie energie al movimento fondato da Giulietto Chiesa, www.alternativa-politica.it . Ovviamente mi sono iscritto anche al Movimento5Stelle, ho partecipato ad alcune loro iniziative, li ho votati e li ho fatti votare.

L’esito del post elezioni 2013 (che non sto a ricapitolare, il fallimento della sinistra, l’inanità del PD, l’implosione annunciata del M5S, l’emergere dei soliti maggiordomi del potere globale cioè Letta che prosegue il lavoro di Monti, in un mare di balle televisive…), purtroppo dice che nel breve periodo non c’è speranza di produrre un cambiamento a livello politico nazionale.

Siamo e restiamo un paese a sovranità limitata. Le decisioni importanti, quelle che contano sul destino delle persone, non sono prese a Roma ma in quelle stanze, neanche tanto segrete, dove siedono i Master of world. E questi, di fronte all’avvitarsi di una crisi che è sistemica, non sono in grado di definire e concordare una via d’uscita e non sanno (o non possono) fare altro che gestire l’esistente (strategia del contenimento).

I Master of world sono in perpetuo conflitto tra di loro e non sono d’accordo su nulla se non su una cosa: questa crisi la devono pagare i popoli, le classi lavoratrici, il 99%. Purché siano salvaguardate le rendite ed il potere di quell’1% i cui interessi essi tutelano.

Quell’1% di popolazione che da solo detiene quasi la metà della ricchezza mondiale, che è in grado di influenzare le politiche di ogni Stato e che progressivamente si appropria di ogni residuo spazio sociale, ambientale, geografico… per fare profitti.

E qui entra il tema del Cibo. Come ama ricordare Carlin Petrini, l’80% delle sementi è proprietà di 5 multinazionali. Il tema del cibo è l’ultima frontiera dello scontro globale.

Perché sotto la parola “cibo” ci stanno le questioni della terra (chi possiede questo fondamentale Capitale?), dell’acqua (chi ne può fruire, posta la sua crescente scarsità?), dell’ambiente (cambiamenti climatici, desertificazione, deterioramento delle condizioni di riproduzione umana…), del paesaggio (inteso come risorsa tanto apprezzata dai turisti quanto deturpata dalla logica del profitto della cementificazione urbana), della finanza (la speculazione finanziaria in titoli derivati collegati alle commodities), dell’energia… In una formula: Cibo = Potere.

Senza cibo l’umano non può esistere. I 7 miliardi di umani, che tra pochi anni diventeranno 10, mettono a dura prova la capacità dell’ecosistema di produrre cibo ed acqua per tutti. Tutte le ricerche serie dicono che non si tratta (ancora) di un problema di limiti fisici assoluti. Si tratta di un problema di distribuzione della ricchezza e di un utilizzo della terra orientato al soddisfacimento prioritario dei fabbisogni alimentari umani. C’è, ci sarà e ci sarebbe cibo, acqua (e lavoro) per tutti. Se il mondo non dovesse piegarsi alle esigenze di profitto di poche grandi Corporation. Che di fatto determinano le regole del gioco, legittimati da un pensiero di corto respiro come la globalizzazione neoliberistica e resi ancor più forti dall’embeddedness finanziaria che ha reso il ceto medio complice della speculazione bancaria.

Cibo = Potere è una formula efficace che aiuta  capire le prossime mosse del potere finanziario globale.

Un piccolo esempio, che spiega dove ora sono andato a vivere. Levaldigi è una frazione del Comune di Savigliano, in Provincia di Cuneo. I suoi terreni pianeggianti di tipo alluvionale, sono tra i più fertili e pregiati d’Italia. Un ettaro dalle mie parti viene venduto (ammesso che vi sia qualcuno interessato a vendere) a non meno di 100-120Mila euro.

Il paesaggio di quel territorio in estate è monotono: mais, ancora mais e solo mais. Ma nemmeno una pannocchia di quel mais finirà in pasto agli esseri umani. Circa il 70% finisce in mangime per gli animali mentre una quota crescente finisce bruciata, per fare biogas. Ovviamente il mais per avere un’alta resa deve essere OGM e se non lo è richiede quantità enormi di pesticidi.

Per le campagne girano funzionari in giacca e cravatta che spiegano ai contadini che la loro terra potrebbe “rendere” molto di più, con il Biogas. Essi propongono contratti ventennali, dove si garantisce un prezzo del mais raccolto superiore del 20% al prezzo di mercato. Basta che ci si impegni a venderlo a loro.

Per chi lavorano questi funzionari? Dietro di loro ci sono ancora una volta le multinazionali, che hanno annusato la convenienza degli incentivi statali per le energie rinnovabili. D’accordo con le banche hanno costruito enormi centrali di combustione dove il mais bruciato diventa energia elettrica (in provincia se ne contano ormai 3, ma stanno crescendo).

Di questo passo si prevede che nei prossimi 10 anni buona parte del prodotto di quella terra finirà in fumo, con il biogas.

Dov’è il problema? Proviamo a fare due calcoli. Un ettaro di terra, se coltivato in modo intensivo e biologico (ad. esempio ortaggi), è in grado di dare da mangiare a decine di persone e nello stesso tempo è in grado di dare lavoro a tempo pieno ad una persona e mezza. Lo stesso ettaro coltivato per il biogas, richiede meno di un decimo di quel lavoro. E produce energia elettrica che si potrebbe evitare di produrre, grazie al risparmio energetico della bioedilizia (-40% di consumi) e grazie ai mini impianti ad energie rinnovabili (fotovoltaico, solare, minieolico, pompe i calore, biomasse da scarti…). Cioè un modo di produrre energia che ha l’inconveniente di non creare profitto per le multinazionali.

Ma come si fa a non capire dove stà il problema? L’agricoltura è in grado di dare lavoro a tutti i tre milioni di disoccupati italiani. E’ in grado di dare l’autosufficienza alimentare a tutti i 60 milioni di italiani. E’ in grado di produrre l’energia che serve per tutti i consumi civili ed abitativi. E’ in grado di valorizzare la bellezza e la convivialità di questo splendido paese. Ma invece finisce nel tritacarne del profitto oligopolistico, sostenuto dalle politiche in loro favore.

Non c’è quindi bisogno di ricordare le tragiche previsioni del Club di Roma. Le conoscete, anche se faticate a condividerle. Ma è così. La realtà stà tutta lì, davanti ai nostri occhi, se solo volessimo aprirli.

C’è però un ulteriore problema, che mi divide dall’amico Giulietto http://giuliettochiesa.globalist.it/. La verità è semplice ma perché si realizzi, non basta “dirla”, occorre sperimentarla comunitariamente. Questo è il pezzo della mia evoluzione che più devo a Marco Garoffolo (https://www.facebook.com/giovane.fred).

Se pensiamo che la verità sia rivelata a pochi fortunati, il cui compito è scendere dalla montagna per illuminare il popolo, allora va bene fare tutto quello che ho fatto in questi anni… Purtroppo questo modo di “dire la verità” non riesce ad incidere sui meccanismi. Al più aggrega qualche centinaio di accoliti e produce “parole”, sui blog, in televisione, nelle manifestazioni politiche…

Non tutte le persone si nutrono di parole, ma tutte si nutrono di Cibo.

Ribadisco: Cibo = Potere. Sul controllo del cibo si disegna la geometria del potere. Ricordate l’espressione di Gramsci a proposito delle “casematte”[1]?

Ebbene io penso che il Cibo sia una delle ultime “casematte”, cioè la trincea da dove è possibile opporre resistenza al potere distruttivo delle multinazionali. Per il semplice fatto che il cibo parla direttamente alla pancia dell’essere umano e rappresenta la leva fondamentale per l’autogestione comunitaria.

Ma questa consapevolezza si sviluppa soltanto praticandola, partendo cioè dai bisogni primari dell’essere umano e costruendo insieme delle alternative che siano locali, inevitabilmente parziali ma partecipate da tutti, anche da chi diffida delle Verità rivelate (specie se dai partiti politici), credendo soltanto a ciò che può toccare con le mani.

Questo è CiboProssimo www.ciboprossimo.net e sono orgoglioso di essere uno dei suoi 9 fondatori.

Conosco la domanda: che cosa c’entra Ciboprossimo con le cose fin qui dette? In che modo, con quale strategia e risorse finanziarie può ambire a tanto? Ne parleremo più avanti.


[1] Secondo Gramsci in “Note sul Machiavelli”, nelle società complesse, a differenza di quanto è avvenuto in Russia, il potere è diffuso in una serie di linee di trincea, di “casematte” che è necessario conquistare una ad una. Un’azione frontale, una guerra di movimento non porterebbe ad alcun risultato. Si rende perciò necessaria un’azione che saldi in un unico “blocco storico” le componenti rivoluzionarie e progressiste della società, operanti nei diversi settori della società civile.

 
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Pubblicato da su 16 giugno 2013 in Uncategorized

 

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