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Assemblea Cambiare Si Può Milano 08 Gennaio 2013

09 Gen

I fatti:

800 o forse 1000 persone, molte in piedi.

Il tavolo della presidenza si è allargato a Domenico Finiguerra (ancora presenti quelli del 16 dicembre: Viale e Agnoletto e le due donne di cui non conosco il nome).

Si legge la mozione proposta, dove in sostanza si dice che Milano propone 4 nominativi in ordine: Agnoletto, una certa Titty, Finiguerra ed un’altra donna.

Il testo della mozione è assai articolato e propone, tra le altre cose, di chiedere ad Ingroia di togliere il nome dal simbolo, di devolvere tutto il residuo dell’emolumento dei futuri parlamentari ai comitati territoriali di CSP, di creare strutture territoriali permanenti di CSP, eliminare ogni ambiguità nei rapporti col PD, ecc.

Parte il dibattito. Come sempre, fiume di interventi senza capo né coda (en passant, Sinistra Critica dichiara il proprio sofferto No al progetto Ingroia).

Poi interviene Finiguerra per dire che pur essendo della presidenza lui non approva quella mozione perché secondo lui sarebbe più democratico segnalare a Roma tutte le candidature, senza gerarchia e lasciare che sia il “centro” a decidere chi mettere in testa a Milano. L’amico Brambilla gli fa da sponda. La presidenza accoglie molto democraticamente questa obiezione e propone di votarla con la mozione.

Ma a questo punto Finiguera fa un nuovo intervento dove ribadisce di essere contrario e, a fronte di un certo borbottio in sala, perde le staffe e gli scappa di dire “più che una assemblea di CSP questa mi sembra una assemblea di Rifondazione”. Apriti cielo. Boato in sala. Finiguerra dice di volersene andare e di cancellare il suo nome dai candidati. A quel punto se ne esce veramente ed alcuni lo seguono.

Nella sala si respira un certo sollievo, si fa la votazione e la mozione originaria viene approvata.

Alla fine Viale ricorda che si sta discutendo sul nulla perché in ogni caso, qualsiasi nome Milano proponga, saranno poi i responsabili romani dei 4 partiti a decidere le candidature (tiene a precisare che la cosa a lui non piace, ma così è).

Che cosa ho imparato:

  1. Erano molti anni che la sinistra non faceva assemblee così partecipate a Milano e questo dato non va sottovalutato.
  2. Guido Viale ha esposto con chiarezza la sua posizione peraltro già anticipata sui media. Dice di non condividere il modo di formazione di questo partito, ma con spirito di servizio intende continuare a collaborare con Cambiare si può, che deve rimanere una realtà di base in grado di vivere anche oltre queste elezioni (ed oltre Ingroia). E molti in sala hanno condiviso questo approccio.
  3. Finiguerra lo facevo politicamente più scaltro. Se l’è giocata veramente male. E’ anche da queste cose che si capisce la struttura di un uomo politico.
  4. Deleterio ed anche scorretto è l’accusare i militanti di rifondazione comunista di voler manipolare il processo. Molti di loro ci credono veramente e sono i primi a chiedere un superamento della forma partito. Finiguerra mettendoseli contro, ha fatto un errore madornale.

Conclusione mia personale: si è verificato esattamente quanto avevo previsto. Non c’è da dare giudizi o patenti a nessuno. Semplicemente non era possibile restare a metà del guado: se si intende percorrere la strada del rinnovamento delle forme di partecipazione alla vita politica, occorre percorrerla fin dall’inizio e fino in fondo. Quella roba degli arancioni, Di Pietro ed Ingroia… ha dato la mazzata finale ad un processo che in ogni caso era già partito debole.

Quando vedi che si passa come niente dagli interventi soporiferi sul neoliberismo agli interventi rabbiosi sulle candidature (si è rischiato di venire alle mani), ecco lì capisci che la nuova politica non stà solo nei contenuti (chi è più anti-qualcosa) ma sta in un possibile nuovo meccanismo collettivo e relazionale in grado di dare senso alla partecipazione (che è volontaria e gratuità) e nello stesso tempo in grado di produrre decisioni efficaci, in grado di migliorare la vita concreta delle persone.

Da questo punto di vista non sono affatto sicuro che il modo di muoversi di Finiguerra e Brambilla sia stato democraticamente più innovativo di quello dei rifondaroli. Alla fine il personalismo gli è schizzato fuori dai pori. E l’assemblea a quel punto ha preferito un usato sicuro come Agnoletto piuttosto che un nuovo che non convince.

Come molti di voi sanno, da mesi insieme a Marco Garoffolo andiamo professando una idea di cambiamento nelle forme della partecipazione politica e della costruzione del consenso. Idea che per inciso è molto vicina al tema decrescista di Buonaiuti, quando parlava di auto sostenibilità comunitaria, di riduzione della complessità, di resilienza, ecc.

Personalmente ho cercato di dirlo anche al 16 dicembre a Milano ed in molti abbiamo provato a farlo rimbalzare sulla rete. Non siamo stati in grado di raggiungere il consenso necessario. Tuttavia qualche compagno di strada lo abbiamo trovato.

Queste elezioni politiche – secondo me – sono andate (per carità, chi vuole scaldarsi per la campagna elettorale fa bene a farlo, purché poi non cada in depressione se non supera lo sbarramento del 4%. Sì, perché se in tutta Italia il clima è quello di Milano, col cazzo che smuovi la gente a far campagna elettorale).

Più importante è lavorare per le REGIONALI, e fin da subito per le Europee e per le prossime politiche, che quasi sicuramente si faranno ben prima della scadenza dei 5 anni. A fronte di un 2013 socialmente in ebollizione.

In questo progetto molti uomini e donne di CSP possono essere una risorsa, diciamo pure dei compagni di strada. Purché si impari la lezione.

 
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Pubblicato da su 9 gennaio 2013 in Uncategorized

 

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